giovedì 2 agosto 2012

Come sarebbe stato vivere 100 anni fa?


Vi siete mai chiesti com'era la vita una volta? prima del boom economico, della televisione, prima degli ospedali e dell'automobile per tutti, prima delle vacanze e del tempo libero, prima dell'essere figli unici o con al massimo uno o due fratelli, prima della donna in carriera....

Non è passato poi così molto tempo, si parla della vita in campagna fino agli anni '50.....qui dove il progresso è arrivato lento rispetto alla città...
I luoghi in cui abitiamo ancora oggi racchiudono un passato ben diverso dalla nostra realtà quotidiana, un passato che forse vale la pena ricordare o per alcuni, conoscere....

La reale vita di campagna

Com'era nascere in queste terre 80, 90 anni fa? A stento oggi potremmo pensare che, date le condizioni di vita di allora, per una donna fare molti figli fosse un evento voluto, ma la faccenda non è così scontata. Fare figli era non solo un dovere sociale ma un qualcosa di indispensabile per le famiglie di quel tempo. Ci si sposava (in alcuni casi i matrimoni erano ancora combinati dalle famiglie per questioni economiche) e subito il primo compito della donna era dimostrare di essere fertile, utile a svolgere il suo compito, in caso contrario, se non riusciva a rimanere gravida la cosa era considerata una vera maledizione alla quale si tentava di porre rimedio con i più disparati metodi, inclusa la stregoneria..
Una volta accertata la gravidanza ci si sbizzarriva coi sistemi più strambi per prevedere il sesso del nascituro in quanto era cosa assai importante: la nascita di un maschio era evento da festeggiare: altre braccia in più essenziali per il lavoro e per tramandare la famiglia, ma la nascita di una femmina poteva essere questione spinosa: poco utile nel faticoso lavoro di campagna, rendeva necessaria la dote con la quale se ne sarebbe andata col matrimonio, era insomma più un peso che altro.

Testimonianze di vita vissuta 

"..Otto giorni dopo il parto ripresi a lavorare e tornavo a casa solo per allattare. Siccome era estate e faceva caldo prima di dargli il latte bevevo acqua fresca e mettevo i piedi nell'acqua per rifrescare il latte..in casa non avevamo il riscaldamento e d'inverno per lavare il bambino andavo nella stalla. Mettevo i vestiti sul dorso della mucca per riscaldarli..."

"Mentre ero in campagna a raccogliere il fieno, sentii le prime doglie, ma continuai a lavorare, poi non riusciendo più a sopportare il dolore tornai a casa di corsa e nella stanza ebbi il mio primo figlio. Dopo questo ebbi altri 11 figli, quando mio marito veniva a sapere che era un maschio, diceva che ero stata brava, mentre quando era femmina, diceva c'an sèra buna da far gninte..." 

"Ne ho allattati 13, ne avevo sempre 2, uno mio di qua, l'altro di là era di mia sorella (...) Le doglie mi sono arrivate la mattina presto, così ho dovuto svegliare mio marito, che mi ha detto: tegni bota fin clè matina.."

....e dopo la nascita, l'infanzia...non molto tempo dopo a dire il vero, si imparava presto a vivere e ad osservare la realtà. Il mondo dei bambini si animava attraverso le "fole". Al caldo delle stalle, al freddo d'inverno, si stava ore a fare filos, e qui i vecchi avevano occasione di fare scuola ai giovani, trasferendo la loro saggezza ed esperienza. Le fiabe popolari avevano un linguaggio semplice e fantasioso, rivelavano al bimbo che nella vita la lotta contro le difficoltà era inevitabile. Al contrario della classica fiaba, quella contadina si collocava nel mondo reale utilizzando ambienti e personaggi tipici della vita rurale.  Il male era spesso personificato da numerose figure tra le quali il Mago il Lupo, il Babau, esse dovevano spaventare il bambino per tenerlo vigile e cauto in un ambiente così carico di pericoli: il suo spauracchio non a caso si inseriva sempre accanto alle fiamme bollenti del focolare, nei pressi delle infide acque dei fossati e pozzi, nei recinti dei tori ecc..
Poi c'era la scuola, spesso vissuta come un castigo per i modi didattici solo improntati alla disciplina (non dimenticando i metodi correttivi improntati sulla violenza fisica).
Ma già a 9 anni le bambine se ne stavano a casa a fare da mamme ai fratelli minori, toglievano i grembiuli di scuola per lavorare nei campi.


Testimonianze di vita vissuta 

"Mia nonna quando ci metteva il grembiule ci dava la pietra fatta scaldare sotto la cenere perchè, andando a scuola, non avessimo freddo alle mani. Diceva sempre - chi non studia porta la brenta, chi trop 'l studia mat diventa- Ma da queste parti nessuno ha potuto diventare matto per lo studio, la scuola per noi finiva a 9 anni e buona notte ai santi. I più ricchi andavano in quarta e gli altri dovevan cominciare a guadagnarsi la pagnotta"

"Quando eravamo bambini facevamo la bicicletta usando come ruote i cerchi della botte vecchia e come telaio le canne che si mettono a far arrampicare i fagioli. In cima ne incrociavamo una più corta e quella era il manubrio. Ci sidivertiva con poco! Il Giovedi santo ci mettevamo le ali per andare in processione vestiti da angioletti, con il velo e le coroncina della Prima Comunione!"

..essere adolescenti nella campagna di quel tempo non doveva essere cosa semplice, quando i primi turbamenti sentimentali arrivavano non c'era modo di esprimerli liberamente. Uno dei momenti più intimi per due giovani innamorati era sicuramente il ballo. Anche se severamente condannato dai ministri della Chiesa per la sua promisquità (le ragazze cadute in questo peccato correvano il rischio di essere saltate dalla comunione domenicale ed essere additate pubblicamente dal parroco) i giovani vi partecipavano, magari di nascosto.
Un'altro sistema per incontrare il principe azzurro era sicuramente l'uscita domenicale in Chiesa: i giovani si fermavano sul sagrato per passare in rassegna le ragazze, quando gli sguardi si incontravano ripetutamente il messaggio era chiaro.
Non meno promisqui erano in realtà i filos nella stalla, momenti di riunione anche con i membri delle altre famiglie. Una volta conquistata l'attenzione della ragazza, il giovane poteva accompagnarla a casa (mantenedosi inizialmente al di fuori del cancello), in seguito il moroso avrebbe dovuto entrare nella casa e presentarsi alla famiglia: varcare la soglia dla cà era più che offrire all'innamorata l'anello di fidanzamento, era già sinonimo di impegno.
Romperlo comportava fastidiose conseguenze: la fidanzata abbandonata veniva sbeffeggiata cospargendole del letame sulla porta di casa.
In tutto questo la ragazza che ruolo aveva? non sempre anch'essa era spinta dall'amore per il futuro coniuge, la paura e la vergogna di rimanere zitella la spingeva ad una moralità ineccepibile. Arrivava quindi presto la festa di fidanzamento: chiesto il permesso ai genitori di andare insieme a dmandar la sposa il ragazzo stabiliva la riunione tra le famiglie. durante l'incontro i due capifamiglia si appartavano per discutere lo stato economico dei due sposi (per lei valeva la dote), se la trattativa andava a buon fine la data delle nozze veniva fissata.

Testimonianze di vita vissuta 

" Nel mio corredo c'erano 20 camice bianche, due o tre paia di mutande, 32 federe e 16 lenzuola perchè mia madre quando regalava qualcosa alle altre figlie più grandi sposate, regalava qualcosa anche a me, ero giovane ma mi facevo la dote, a 13 anni avevo già il corredo fatto"

"con Leonida il fidanzamento è durato poco, abbiamo iniziato a vederci che avevo 12 anni, poi lui è andato militare ed è tornato che ne avevo 14. Mio padre non voleva che lo sposassi perchè era povero. Perciò mi hanno mandata a Milano da mia sorella perchè non lo vedessi, ma io presi il treno e tornai a casa. Quando ho aperto il mio comò ho visto che non c'erano più le mie camicie, le lenzuola di dote e i soldi, mio padre mi disse -sat ia rivo at gh'è mia da sposarat con li lu. Sa tagh vo andar, tot su e va via-. Ci siamo sposati senza dote."

 

....i giorni preferiti per le nozze erano il giovedi, il sabato e la domenica, se si era così fortunati da potersi condere un viaggio di nozze si andava all'altare il giovedi in modo da essere di ritorno la domenica stessa. La data veniva fissata prima della grande fatica estiva nei campi o nel periodo autunnale, evitando il mese di Maggio che era considerato infausto.
l'usanza voleva che la sposa non potesse preparare il letto di nozze, lo facevano le altre donne della famiglia prima che arrivasse il prete a benedirlo. Le nozze erano una cerimonia solitamente festosa, alla quale partecipavano parenti e paesani, in seguito era tradizione fare il pranzo di nozze a casa della sposa e la cena a casa dello sposo. Tutto seguiva una rigida disposizione, le due madri solitamente non partecipavano. La sera, dopo la festa, la sposa doveva seguire il marito nella casa natale, verso la definiva dimora.
In realtà non sempre il matrimonio era un evento così lineare, succedeva che ci si sposasse per forza con uomini che neache si conosceva per questioni economiche famigliari.
Alle volte si fuggiva di casa per potersi sposare, vuoi perchè le famiglie erano contrarie, vuoi per l'assenza di dote e  l'impossibilità economica di organizzare un matromonio ordinario.
In seguito a questa fuga organizzata, si era così costretti a fare un matrimonio riparatore senza sfarzi e costi.
Un'usanta antica era quella del rivoltaglio: 8 giorni dopo le nozze la sposa tornava nella casa paterna per confrontarsi con l madre sulla nuova vita matrimoniale, in seguito il marito insieme al fratello la andava a riprendere, va ricordato però che alle volte accadeva che la moglie non volesse più tornare a casa col marito!



Testimonianze di vita vissuta


"Quando ci siamo sposati abbiamo preso il treno che ci ha portati a Modena e poi a Bologna, abbiamo mangiato alla Madonna di S. Luca, poi la sera siamo andati a casa..per il matrimonio non abbiamo fatto fotografie, non costumava il fotografo, non ho neanche la fede, quando mi sono sposato non costumava regalare la fede all'uomo, la fede l'aveva solo la donna.."

"Mi sono sposata con un soprabito fumo di Londra, scarpe nere e veletta nera, alle sei di mattina in Dicembre, che non si vedeva niente.....poi io e mio marito abbiam preso il treno e siamo andati a Bologna, siamo stati un pò in chiesa perchè c'era la nebbia fitta, abbiam preso una camera d'albergo là e abbiamo fatto la luna di miele, la sera siamo venuti a casa..La sera delle nozze non abbiamo spento la luce in camera, perchè a farlo uno di noi sarebbe morto prima, allora abbiamo chiamato la suocera a spegnerla!"

Così, dopo le nozze, le feste e il piccolo viaggio di nozze, iniziava la vera vita matrimoniale. 
Le donne restavano regine solo un giorno, quello dell'abito bianco, per poi passare nei campi a zappare e lavorare tra le richieste della suocera (senza dimenticare l'usuale antipatia con le sorelle dello sposo) e il pianto dei figli, spesso non le era concesso sedere nemmeno a tavola in quanto questa era solo per gli uomini e i figli più grandi.
Quindi si ripeteva il ciclo di vita...

Le testimonianze di vita di questo Post sono tratte dal libro "Le stagioni della donna contadina" di Giancarlo Gozzi, editoriale sometti Mantova.

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